Enzo Aprea (1932-1991) era un giornalista e scrittore di origini istriane ma trapiantato in età giovanile a Torre del Greco. Appassionato di mare, aveva girato il mondo sino a che, poco più che quarant’enne (siamo a metà anni ’70), gli viene diagnosticato il rarissimo Morbo di Buerger.
Chi era Enzo Aprea e cosa è il Morbo di Buerger?
Il Morbo o Malattia di Buerger è una patologia che progressivamente crea una sorta di cancrena incurabile alle gambe e alle braccia costringendo a successive amputazioni. E’ strettamente correlata al tabagismo. Per cui se sei un fumatore, ti consiglio di praticare la Lezione n.7 del Corso Gratuito Sailfulness, che si intitola: Dinamica Mentale: Smettere di Fumare e altre abitudini negative. E potrai fare quello che ho fatto io: smettere. La Dinamica Mentale è potentissima.
Cosa c’entra Enzo Aprea con la Pratica di Metta?
La Lezione n.13 del Corso Sailfulness introduce la Pratica di Metta, una meravigliosa esperienza buddista che ho avuto la fortuna di fare nel mio primo Ritiro di Vipassana con Corrado Pensa.
“Metta” è un termine di origine pali che significa “benevolenza”, “gentilezza amorevole”.
Attraverso la Metta si può trasformare il dolore in gratitudine, l’avversione in amore, la tristezza in gioia.
Rileggendo la Lezione n.13 del Corso Sailfulness, prima della sua pubblicazione, mi è tornata alla mente un’antica puntata del Maurizio Costanzo Show. Siamo verso la fine degli anni ’80 e Costanzo intervista Enzo Aprea.
Ho inviato con la Newsletter n.24 le riflessioni che ho fatto mettendo insieme Enzo Aprea, il Morbo di Buerger e la Pratica di Metta e ho ricevuto un sacco di commenti e domande dagli iscritti.
Per cui, visto l’interesse suscitato, ho pensato di riportare in un articolo i contenuti di quella Newsletter, in modo che siano disponibili per chiunque acceda a questa pagina.
Dunque, mi sono ricordato di quella memorabile puntata del Maurizio Costanzo Show con Enzo Aprea che parla della sua vita con il Morbo di Buerger e ho provato a cercarla su Youtube, Vimeo, Daily Motion, Facebook, Instagram ma niente da fare.
Sorprendente anche che Wikipedia non gli dedichi una pagina. Davvero Incredibile che un personaggio come Aprea sia stato totalmente dimenticato.
I nostri social sono pieni di selfie e cazzate ma quando cerchi qualcosa di importante non lo trovi mai.
VITTORIO GIUSTI
Che peccato che io non possa includere il video in questo articolo! Scriverò a Mediaset per chiedere di ritrovarlo nei loro archivi e renderlo disponibile. E’ una testimonianza straordinaria.
Per fortuna ricordo nitidamente quella puntata del Maurizio Costanzo Show in cui Aprea racconta la sua storia.
All’epoca lo show era in tarda serata e rimasi sveglio a vedere l’intervista sino a notte fonda, e poi non riuscii a prendere sonno.
Mi fece piangere, riflettere, ridere, pensare, emozionare, incazzare.
Incazzare sì, incazzare con me stesso, perché sino ad allora non avevo mai riflettuto sul dramma della disabilità e dell’emarginazione.
I valori che Enzo Aprea mi ha insegnato
Enzo Aprea, con una sola e semplice intervista televisiva, è stato la colonna portante del mio percorso etico verso un sistema di valori che negli anni mi ha fatto abbracciare, con l’amorevolezza della “Metta”, qualsiasi tipo di diversità.
Tornando al terribile Morbo di Buerger, attraverso successive operazioni, iniziando dalle dita delle mani e dei piedi, ad Aprea vengono amputate tutte le estremità rimanendo letteralmente un tronco umano. Tra un’operazione e l’altra, dice Aprea, “avevo perso tutto, avevo perso anche la possibilità di darmi la morte“, non essendo autosufficiente neppure per togliersi la vita. E non erano anni, quelli, in cui si potesse parlare di suicidio assistito.
Enzo Aprea racconta di un terribile tunnel di disperazione e dolore, dice di avere ancora una chiara consapevolezza sensoriale delle sue gambe e delle sue braccia, racconta di provare ancora tutte le antiche sensazioni incluso il prurito, ma vivendo imprigionato nell’impossibilità di “grattarsi”.
L’ultima operazione chirurgica avviene nel 1985, in gennaio, quando ci fu la nevicata del secolo.
Lui esce dalla sala operatoria al termine dell’operazione finale. Finale perché la prossima non ci sarà, almeno non in questa vita. Gli è rimasto solo il tronco.
La Trasformazione verso la Metta
Dopo quella operazione lo svegliano. Si sente un uomo annientato.
Osserva la corsia, i muri sono bianchi, le lenzuola dei letti, i camici dei medici, è tutto bianco… poi alza lo sguardo dalla finestra e cosa vede fuori? Tutto coperto dalla neve.
E lui non può aprire quella finestra, non può gettarsi nel vuoto, non può annullarsi nel bianco della morte. Semplicemente non può riuscire a farlo.
Quel giorno inizia un lungo lavoro su se stesso, trasformando la rabbia in amore, il dolore in insegnamento, l’avversione in accoglienza.
Quel giorno Enzo Aprea, probabilmente senza conoscere la pratica Buddista, inizia il suo percorso di Metta.
Sino alla morte, avvenuta nel 1991, Enzo Aprea si dedicherà ai disabili, egli emarginati, ai cosiddetti “diversi“… quale che sia la diversità.
E ricordando quella mattinata del gennaio 1985, quell’ospedale bianco e quella nevicata, un giorno scrive questo piccolo gioiello, una poesia di “Metta“, che copre quel doloroso bianco con un magnifico quadro dipinto con i meravigliosi colori della vita.
Una poesia che imparai a memoria quella stessa notte dopo l’intervista, quella notte in cui non riuscivo a prendere sonno.
Una poesia che si intitola “Vorrei“.
Vorrei
una corsia di letti
rossi, verdi e gialli
azzurri e rosa
per far festa alla morte
come sposa.
E dottori sorridenti
curvi sul corpo rotto
di un uomo
con camici variopinti
di voile, di chiffon,
di seta pura
per far festa
alla morte
senza paura.
E muri
disegnati
dai pittori più grandi
da Giotto, Raffaello
da Pier della Francesca
dal Giorgione
E cancellare
il bianco del dolore.
Muoia la morte
per una sola volta
senza il suo colore.
ENZO APREA